Gli Impressionisti erano soliti rappresentare il medesimo soggetto in diversi momenti del giorno e della notte per mostrare come la luce, nel suo continuo divenire, fosse capace di trasformare ambienti, architetture, paesaggi, situazioni e colori. E a guardare quel continuo modificarsi c’erano altrettanti occhi e ancora ce ne sono che quel mondo continuano a cercarlo per poterlo abitare e amare. È questa la storia di un incontro, è la relazione fondamentale fra uomo e ambiente, è la capacità di registrare le regole della coesistenza, perché dalla luce dipendono il nostro vedere e il modo in cui possiamo percepire la realtà che ci circonda. La percezione della luce è, dunque, l’occasione per dare vita alla costruzione di codici, di nuovi alfabeti, di grammatiche alternative e, come nel nostro caso, di potenti linguaggi espressivi. Lo sa bene Luca Campigotto che da anni incentra il suo lavoro intorno al valore contemplativo della persistenza della luce. «La visione dell’architettura che mi interessa e stimola è quella contestualizzata in visioni allargate e paesaggistiche. Mi interessa in particolare modo lo spazio inteso in senso scenografico. Tutto il mio lavoro va in questo senso da sempre… Mi auguro anche che il taglio “crepuscolare/notturno” – che da sempre è la mia principale chiave di lettura dei luoghi – possa produrre visioni suggestive e originali che richiamino, idealmente, atmosfere teatrali o cinematografiche» – scrive l’autore nella sua sintesi progettuale, quando decide di accettare l’invito per una residenza artistica finalizzata a fotografare l’isola di Capri. Le sue esperienze espressive, che si sono avvalse nel tempo di strumenti e supporti tecnologici contemporanei, hanno saputo mantenere un dialogo aperto con l’osservatore, che è chiamato a completarle attraverso il suo sguardo. Solo da quel momento le sue immagini appartengono al mondo, perché l’arte, più che mai in questo momento, ha il compito di esercitare una funzione inquieta, capace di sollecitare la curiosità, l’esercizio della critica e la costante messa alla prova di ogni nuovo paradigma. Per questo l’artista, così come ogni figura interna al processo cognitivo e creativo, deve esercitare la pratica della condivisione.
Luca Campigotto si muove come una sentinella a guardia di quella delicata intimità dei paesaggi che, una volta svelati, sono in grado di trasformarsi in ritratti mentali, in proiezione metafisica di un universo interiore, tanto rassicurante quanto ermetico e attraente. Luca Campigotto, prima di intraprendere la strada della fotografia, studia storia moderna e si laurea con una tesi sulla letteratura di viaggio nel periodo delle grandi esplorazioni. Rimane affascinato da quel percorso formativo e fa sua l’idea di oltrepassare i confini fino a legarsi saldamente alla sfida del viaggio come necessaria spinta motrice di tutti i suoi progetti. Italo Calvino scriveva: «Di una città non apprezzi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà ad una tua domanda». Questo è esattamente ciò che fa Campigotto quando fotografa: non importa se siano i paesaggi urbani delle grandi metropoli come Chicago, New York, Tokyo, Londra o i paesaggi naturali e selvaggi della Lapponia o del deserto di Atacama in Cile. Come altri suoi colleghi, amplia il raggio d’indagine della propria ricerca verso una dimensione sempre più globale, non più strettamente legata ai luoghi fisici, intendendo il viaggio non solo come uno spostamento, ma come una condizione mentale che coinvolge l’immaginazione prima del corpo.
Le immagini che Luca Campigotto ha prodotto durante la sua permanenza a Capri sono la chiara conferma di questa impostazione e svelano ai nostri occhi visioni inedite della leggendaria isola campana. Nelle sue vedute, prevalentemente avvolte da un’atmosfera crepuscolare, trasforma il paesaggio caprese nello scenario di un nuovo viaggio. Un racconto per immagini alla ricerca di corrispondenze tra mondo oggettivo e sensazioni soggettive, nel ricordo della lezione della corrente artistica simbolista che, a cavallo tra Ottocento e Novecento, sottolineava l’importanza di esaltare la spiritualità di tutto ciò che esiste nella realtà, ma che non è direttamente visibile dall’occhio umano. Ecco, allora, che osservando queste immagini si può cogliere la convergenza tra la poetica degli impressionisti, per la capacità di “distribuire” i colori e ricomporre con stile innovativo paesaggi conosciuti, e la ruvidezza delle tele del pittore tedesco Karl Wilhelm Diefenbach, le cui maestose opere sono conservate proprio alla Certosa di San Giacomo. «Capri mi basterà per tutta la vita con queste aspre rupi che adoro, con questo mare tremendo e bellissimo», diceva l’artista tedesco della sua amata isola. Diefenbach, nei tredici anni di permanenza a Capri, si fece interprete di un simbolismo visionario in cui la luce e tutti gli elementi della natura acquistano un ruolo fondamentale, dipingendo sulle sue tele immagini divine, nature incontaminate, luoghi incantati, visioni mistiche e oniriche. E nelle fotografie di Campigotto ritroviamo queste stesse percezioni fantastiche che lasciano trapelare un mondo altro, viaggi sensoriali ed epifanie che si svelano nella natura selvaggia, nella meraviglia dell’arco naturale, in un cielo affollato di stelle o nel silenzio delle architetture avvolte nella luce soffusa del momento prima del tramonto, che preannuncia il passaggio dalla luce al buio, la cosiddetta Ora Blu. Questo particolare momento si può identificare con quell’istante inafferrabile tra la veglia e il sogno, metafora di spazio interiore, silenzio e contemplazione, nonché ponte tra realtà e fantasia, che ci consente di compiere incursioni nel fiabesco e nel magico. Nella sua personale lettura, Campigotto rinuncia totalmente a immagini documentarie o di stampo realistico, sentendo il bisogno di ripartire dalla narrazione e costruendo uno spazio dedicato all’immaginazione. In questo senso l’autore crea dei fondali per nuove storie, che poi mette insieme trasformando le brevi sequenze narrative in una raccolta di racconti, portando l’attenzione sull’elemento empatico ed interattivo della visione.
Testo per il volume L'ora blu, Capri, 2019
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