Laura Leonelli

Un viaggio fotografico nella natura "estrema"

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Ci sono città da cui è facile prendere il largo e Venezia è una delle più belle. Ed è questa città, dove Luca Campigotto è nato, ad accogliere la sua splendida mostra "My Wild Places", aperta a Palazzo Fortuny (catalogo ed. Hatje Cantz). Quasi un diario per mari e per terre, che racconta quindici anni di viaggi agli angoli del mondo, là dove il paesaggio si offre con forza, selvaggio, solitario perchè l'uomo è figura di contorno, umile e invisibile. Di questi paesaggi eroicamente "soli", che sanno trasformare anche una nave in una creatura d'altre ere, Luca Campigotto è diventato uno dei più dotati interpreti. Uno storico, perchè questa è la sua formazione, che ha cercato, dalla Patagonia al Ladakh, dalla Cappadocia al Cile, dallo Stretto di Magellano alla Chiaia di Luna a Ponza, la storia della terra, la sua prima immagine, il primo rompersi dei ghiacci, la prima nuvola che in cielo offusca il sole e sulle montagne inventa l'ombra. Da quella laguna che ha visto partire Marco Polo, Campigotto è ritornato con un carico di merci preziose, i suoi spazi selvaggi. Suoi perchè fotografati con una cura che riporta alla memoria la fotografia ottocentesca, quell'ossessione per la grandiosità che ha creato l'immaginario collettivo dello spazio, come ricorda nell'introduzione Walter Guadagnini. E ancora suoi perchè rientrano in una ricerca straordinariamente coerente, che è partita da Venezia, dal nero dei suoi canali, si è arrampicata sulle Dolomiti della prima guerra mondiale, si è spinta fino alle Piramidi e da quel vertice ha proseguito oltre, per tornare indietro, alle origini del mondo, quando la parole "mio", così terribilmente umana, non esisteva ancora.

 

recensione del volume My Wild Places, Il Sole 24 ore, 13 dicembre 2010

copyright © 2013 Luca Campigotto

Luca Campigotto

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