La rilettura della magia di Venezia è un esercizio al quale si sono dedicati centinaia di autori. Fra le molte possibili visioni quella di Ernst Haas e di Luca Campigotto sono forse le più antitetiche e, tuttavia, le più interessanti e innovative. Haas, grande fotogiornalista austriaco dell’immediato dopoguerra, all’inizio degli Anni Cinquanta comincia a sperimentare l’uso del colore e della dinamica del movimento. Venezia è per lui il pretesto di continue esercitazioni, si presta a essere raccontata per dettagli, per allusioni, reinventata secondo il ritmo delle sue intuizioni cromatiche.
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Luca Campigotto, per contro, è veneziano. Nasce e cresce con Venezia negli occhi. Il confronto con la sua città diventa inevitabile. Sceglie la misura dello storico, alla ricerca, come scriverà, di «notti lontane che non ho conosciuto», di una fisicità dello spazio che ricrei il mistero di una sospensione temporale. Dopo l’imbrunire, la città gli si offre deserta e silenziosa, immobile e senza tempo. La visione di Campigotto ha il ritmo di una passeggiata ottocentesca fra le calli, i palazzi, i riflessi nell’acqua dei canali. Consapevole dell’«infedeltà suadente» dell’immagine, ricrea una Venezia scenografica, magnifico palcoscenico che suggerisce ogni possibile attesa, che consente ogni possibile incontro. Venetia obscura viene pubblicato nel 1995: è una Venezia che nasce nell’assenza, nel silenzio, nel profumo salmastro della notte, nella quale lo spazio urbano, affrontato con una classica lucidità documentaria, evidenzia architetture, quinte e vie di fuga. Se la rilettura di Erns Haas aveva usato il fascino della città alla ricerca di una personale creazione poetica, Luca Campigotto cerca invece, nel suo viaggio incantato nelle notti veneziane, di ricostruire un sogno nel quale la città e la sua storia sono le indiscusse, amate, protagoniste.
dal catalogo della mostra Doppie visioni, 2004
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